Giovanni, un lapis rosso e la ricerca della felicità
Quattordici anni fa Giovanni Gardani c’era quando iniziammo questo lavoro. Era un giovane di grandi speranze, uno che lo vedevi subito che non avrebbe potuto fare altro che scrivere nella vita. Genio, a volte (sana) sregolatezza, sempre spunti nuovi, sempre un fuoco dentro ad ardere forte.
Giovanni c’era nei venerdì mattina di redazione, anche se non in presenza, quando arrivava il buon Arturo Seidenari con una copia di Sporfoglio marchiato in rosso, la faccia truce e la sigaretta in bocca. Lo vedevi subito che sarebbe esploso. Bastonava a turno me e lui per qualcosa che non capiva o per qualcosa che avrebbe scritto in maniera diversa. Ci bastonava per le troppe parole in inglese, per i pensieri troppo lunghi, per il ridondante utilizzo di aggettivi di cui – sempre secondo il podestà – si poteva fare a meno. Ma ci voleva bene. Eravamo la sua casa ed un motivo in più per passare qualche ora in redazione. senza dimenticare tutte le storie del calcio e del ciclismo che fu che ci tirò fuori…
Giovanni c’era, nei primi anni e prima di spiccare il volo, in quella redazione. Le brioches (sempre almeno due, meglio se ripiene, quelle che avanzavano ce le dava gratuitamente) di Vito, i film guardati con altri amici e scelti quasi sempre da lui (una garanzia, anche nel cinema), le lunghe notti in redazione, sino a che ci restava forza e fiato. Una pagina bianca? Nessun problema. Giovanni c’era, c’è, e c’è sempre stato.
Altri sono passati, come meteore. Altri ancora si sono trattenuti per un tempo un po’ più lungo, altri continuano a collaborare ma in maniera molto più sporadica. Giovanni no. Nonostante la Gazzetta dello Sport, nonostante il Corriere, nonostante la TV, nonostante le mille collaborazioni, i mille impegni se c’è una storia da tirare, una pagina da riempire per Sportfoglio si può sempre contare su di lui.
Abbiamo attraversato momenti sereni, ed altri meno, momenti di gioia ed altri di inquietudine, momenti di allegria ed altri di tensione. Ma siamo ancora qui e se tra mille mila giornalisti dovessi sceglierne uno da avere a fianco, sceglierei mille mila volte lui. Senza esitazioni. Perchè se c’è uno che fa con passione il proprio mestiere, che è sempre pronto a ripartire, che non si tira mai indietro, che scrive con rigore, che sa destreggiarsi tra numeri e ricorsi storici quello è lui.
Tante cose sono cambiate dai primi anni di Sportfoglio. Forse siamo solo diventati un po’ più grandi, o forse abbiamo solo sguardi rivolti ad altre cose oltre al week per il quale ancora lavoriamo. Non abbiamo più notti di lavoro in comune, non ci sono più le brioches di Vito, non c’è più Vito e neppure Arturo con il suo Lapis rosso. Non ci sono più TV né film. Se ne è andato Carlo e la sua passione per le foto. Fa parte del vivere, a volte è dura da accettare soprattutto quando cominci ad invecchiare ma ne puoi e ne devi solo prendere atto.
Giovanni si è sposato, sabato scorso, con la donna che ama da sempre, Emanuela. Si è sposato, dopo aver dovuto rimandare – causa Covid – il matrimonio sognato. Si è sposato alla sua maniera, arrivando con la batmobile, con i fuochi artificiali e tanti amici intorno a fare il tifo per lui. Si è sposato raggiungendo un altro – uno tra i tanti – obiettivi della sua vita. Ha agguantato la felicità, appena un poco offuscata dalla prematura scomparsa dello zio Antonio Gardani che avrebbe voluto in quella giornata di gioia, vicino. E vicino, anche se in altra forma e in altra dimensione, lo aveva.
E’ stato il giorno che sognavamo – ha scritto – perché dentro ci abbiamo messo quello che siamo sempre stati. Sì, ieri eravamo noi, senza maschere (a parte quella di Batman), liberi anche dalle formalità del quotidiano. Un parroco un po’ fuori dagli schemi e di profondità esemplare; il pizzico di follia dell’ingresso con Batmobile (perché senza qualche “colpo di testa”, la vita cos’è?); il lago che ci ha fatti incontrare; i genitori, i fratelli, i famigliari, gli amici di una vita e i colleghi; quelli che, non potendo esserci, hanno comunque fatto il tifo per noi da casa o su Facebook; le locandine dei film e i ciak, simboli di quella passione che da subito abbiamo condiviso; infine i fuochi d’artificio, per tenere fede a una promessa: “Vogliamo che il nostro matrimonio lo sentano e lo vedano tutti”. Così anche Lassù il messaggio è arrivato forte e chiaro e la festa che doveva essere, è stata ovunque! Così tanto non avevamo mai ballato, anzi eravamo noi a chiamare in pista gli altri, capovolgendo lo spartito seguito per una vita. In un giorno triste di un mese e mezzo fa avevamo chiesto un segno: in cambio ci è stato donato il matrimonio perfetto!Non è tanto chi siamo, ma ciò che facciamo, che ci qualifica: felici di avere donato (a noi e a voi) almeno un buon motivo per ricordare con il sorriso questo 2020! Nessuno si senta escluso dal nostro grazie. CI AMIAMO! VI AMIAMO!”.
In un insieme perfetto di parole c’è tutto il suo spirito, tutta la sua energia positiva, e tutti i motivi (anzi non tutti, ma tanti) per cui gli vogliamo bene anche noi.
Quattordici anni fa iniziammo un viaggio che viviamo adesso giorno per giorno, sino a che sarà, sino a che ci sarà. Da sabato Giovanni ne ha iniziato un altro suo che – non abbiamo dubbi – sarà ricco di soddisfazioni come gli altri intrapresi.
Perché uno spirito come il suo, un animo come il suo e soprattutto una testa e un cuore come il suo non possono che essere destinati alla gioia. Non quella che arriva per caso o per destino (un po’ per culo, come si dice in francese). Ma quella che sa un po’ di fango, un po’ di sudore e un po’ di passione. Quella che ti costruisci con le tue mani.
Che tu possa continuare a costruire, Gio. Qualunque cosa tu farai, se sarà all’altezza dello scrivere, non potrà che riuscirti più che bene. Anzi, ottimamente.
Nazzareno Condina