La celere: il calzolaio sulle tracce del nonno

Passeggiando per le vie di Casalmaggiore che portano in piazza, per chi fu bimbo negli anni 60/70, non è difficile ricordare le vecchie attività, le vecchie botteghe che ebbero vita dove ora ci sono saracinesche chiuse, sgarrupate e polverose e non è difficile farsi prendere dalla malinconia. Ma proprio dopo una fila di tanti occhi vetrina dismessi e dimenticati ecco che appare LA CELERE gestita dal giovane Sergio nipote fiero ed orgoglioso del grande Sergio Benecchi al Calsulèr ad la Celere, lo storico ciabattino che ha riparato le calzature a tre generazioni di casalaschi e dal quale tutti si sono fatti rifare almeno un tacco. Una eredità preziosa e speciale quella lasciata dal nonno al nipote che, guarda caso, porta pure il suo nome. Sergio Benecchi, per molti anni, fu il calzolaio per eccellenza, una istituzione tanto che, quando decise di andare in pensione, fu normale pensare di avere perso un artigiano insostituibile. Quando Sergio se ne andò il nipote, che di lui eredita l’inclinazione e il cuore, eredita pure la cosa più di valore che il giovane potesse aspettarsi: le sue attrezzature, i suoi strumenti di lavoro. Il nipote, che nel frattempo stava studiando ingegneria, comincia a fare crescere dentro di sé ciò che in verità aveva sempre sognato, fare il calzolaio. Fin da bambino pensava che avrebbe fatto quel mestiere che ogni giorno respirava nella bottega del nonno, quella bottega che rappresenta i primi ricordi della sua infanzia, dove vi faceva i compiti e passava il tempo con un nonno saggio ed affettuoso che gli trasmise parecchio di ciò che lo ha reso l’uomo che è oggi. La passione per questo mestiere crebbe in lui anno dopo anno tanto che, il 7 gennaio 2013, riaprire in via Cairoli LA CELERE, gli sembrò logico oltre che naturale. Anche se la nuova Celere sorge in altro luogo, quando si entra, il ricordo della precedente è immediato, lo stesso odore di cuoio e colla, la stessa atmosfera data dalla luce gialla e calda, lo stesso macchinario verde, le stesse scaffalature piene di scarpe con attaccato, per mezzo una pinza di metallo, il cartoncino piegato col nome del cliente proprio come faceva Sergio Senior la cui la foto, appesa sopra la macchina da cucire, domina. E poi c’è lui, Sergio Junior fiero e riservato, educato e gentile, con indosso il grembiule del nonno dal quale non si separa pur avendone altri più nuovi e moderni. Guardandolo non viene da pensare che abbia voluto semplicemente tramandare l’attività di famiglia, no, Sergio sembra essere un prolungamento, sembra possedere la stessa anima, oltre che il sangue, di uomo che a Casalmaggiore, col suo lavoro, un pezzetto di storia lo ha scritto. Non fu facile all’inizio perché l’attività del nonno era cessata da tre anni e il grosso bacino di clienti si era disperso pertanto, il giovane calzolaio dovette ripartire da capo, farsi conoscere e ricrearsi la clientela. Dopo un paio d’anni di rodaggio la tenacia e la professionalità cominciano a premiare e oggi il lavoro è in continua crescita. I clienti appartengono in egual misura a tutte le fasce sociali cambia solo il tipo di calzatura che portano a riparare. Sono invece cambiate le aggiustature richieste, un tempo erano prevalentemente tacchi e suole mentre oggi sono aumentati i lavori di minuteria quali cuciture, sostituzione fibbie e cerniere perché la qualità della calzatura è notevolmente peggiorata. Oltre alle scarpe Sergio ripara borse e produce artigianalmente oggetti in pelle e cuoio quali buste porta tabacco, cinture e borse anche su modelli forniti dai clienti e infine duplica chiavi e affila forbici e coltelli.
“Ho sempre saputo che avrei fatto questo mestiere che non considero mero lavoro bensì una passione, una parte di me. Non dico mai vado a lavorare ma vado in bottega, nella mia bottega dove la mia creatività e a la mia naturale inclinazione trovano casa. Non è stato un ripiego perché avevo già l’attrezzatura è stata una logica evoluzione della mia crescita. In famiglia si svolge questa professione da cinque generazioni, anche il nonno era andato a bottega da suo nonno e questi a sua volta solo non ricordo se dal padre o dal nonno. Persino una lontana cugina che viveva a Torino faceva la calzolaia. Sono soddisfatto e appagato, riparare per me significa ridare vita e riportare gli oggetti allo stato originale, essere calzolaio significa essere il professionista che volevo diventare e ne vado fiero. Il prossimo passo sarà, la sera dopo la chiusura, andare ad imparare, presso un artigiano specializzato, a produrre calzature su misura”
Commuove Sergio, commuove la sua passione, la sua naturale bellezza interiore, la sua semplicità, il suo avere saputo dare continuità ad un mestiere, ma più di tutto commuovono il senso di appartenenza, l’orgoglio e la tenerezza che gli si leggono in viso quando gli si dice “ somigli davvero tanto al nonno”

Giovanna Anversa

 

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