Arturino e Giusepon: l’arte, il calcio e la vita

… raccontava Arturo, di un giocatore straordinario. Piccolo, veloce, imprendibile. Ne raccontava con lucidità, di quando le trasferte del calcio si facevano in bicicletta (e se si giocava a Cremona si facevano lo stesso, andata e ritorno) e di quando poi il calcio e la vita si mescolavano in un’alchimia in cui la seconda delle materie aveva e sempre la precedenza rispetto alla prima. Fu così anche per Giuseppe Raineri, Giusepon. Lasciò il calcio piuttosto giovane perché doveva affrontare la vita con le sue mille problematiche…

… raccontava Arturo, senza fargliene una colpa, di come avrebbe potuto diventare un campione e di come poi la vita lo rese campione nel plasmare la materia. Di come poi ogni scelta, anche la più grande fosse un piccolo segno del destino. Aveva velocità e fantasia Giuseppe Raineri, era ‘piccolo ma tosto’. Avrebbe potuto fare e farsi strada. Non la fece nel calcio e non la fece neppure nella vita in un mondo in cui – se hai delle doti e lui ne aveva da vendere – in genere te le riconoscono dopo la morte e poche volte prima. Ma fu solo per questo motivo. Perché Giuseppe, che calciatore di successo non lo fu mai, fu campione nell’arte del plasmare, mirabile creatore capace di variare dall’infinitamente piccolo al grande. Fu artista nel vero senso del termine, di quelli che in un pezzo informe di materia vede già le linee, la forma, l’oggetto. Un visionario…

… aveva sogni Arturo, e aveva sogni Giuseppe. E poi avevano vite diverse entrambi. Entrambi sono ormai parte di quella terra che li comprende. Di Arturo non si parla quasi più, di Giuseppe se ne è parlato un po’ di tempo fa, grazie ad una mostra che ha raccolto una piccola parte delle sue opere e ne ha mostrato il genio. Giusepon ed Arturino…

… ho assistito, e credo di essere stato uno dei pochi, ad un colloquio tra i due. Un paio d’ore di parole (tra le varie doti, nessuno dei due aveva quello della sintesi) sotto il sole cocente, in un campo da calcio, quello sgarrupato e irregolare di San Leonardo. Questo il pensiero ed il ricordo a qualche anno di distanza. Lo fermo qui…

… un campo disegnato male, una porta dalla rete attaccata a stento ed una Chiesa a ridosso dell’erba – la poca rimasta – nel campo dell’Oratorio San Leonardo. Erano i tempi dell’Amarcord, i tempi in cui il vulcanico Arturo Seidenari collaborava con Sportfoglio. Andavamo, tre, quattro volte al mese, a trovare vecchi campioni dello sport casalasco, per intervistarli. Io fungevo da fotografo ma restavo affascinato da tutti i racconti, da tutti i ricordi e dai pochi rimpianti di persone ormai avanti con gli anni ma sempre in gamba. Un’intervista di Arturo non durava mai meno di due ore perché, scevro da ogni tecnica giornalista, Arturo era uno a cui piaceva ascoltare, sentire storie di sport e di vita e parlare, mischiando i suoi ricordi sempre piuttosto limpidi a quelli dell’interlocutore. Un bicchiere di vino, quattro risate e un profondo senso di quiete. Quella volta – era la fine dell’aprile del 2007 – protagonista del nostro Amarcord era proprio lui, Giuseppe ‘Giusepon’ Raineri. Arrivò al campo di san Leonardo cantando, con una scultura sottobraccio ed un’infinita dose di parole. Si ritrovarono, al campo, due persone che di parole ne avevano in abbondanza. Ci mettemmo a fare l’intervista lì, in tre in piedi davanti alla porta. Tre stracotti, sotto un sole battente. Si parlò di calcio, di ricordi lontani, di musica, di scultura. Si parlò di chi non c’era più. Si rise parecchio. Quella tavola rotonda a tre durò oltre due ore. Giusepon ci salutò alla fine intonando un pezzo lirico. Mi piace ricordarlo così, in giro per la città a chiacchierare con qualcuno, a raccontar di sculture, di sport e vita vissuta. A cantare alle pietre della città, alle materie che sapeva plasmare, a tutti quelli che lo incontravano e al mondo. Mi piace pensarlo adesso, in qualche angolo di cielo, a raccontarsi in compagnia di Arturo. Col sorriso di allora. Ciao Giuseppe…

N.C.

 

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