Zambrano e Buroni: ciclismo una storia di lealtà sportiva

La storia di Zambrano e Buroni: potrebbe essere una di quelle vignette da Settimana Enigmistica o una micronarrazione degna del Cipputi. E invece è tutto (fortunatamente) vero, in carne ed ossa. Il luogo comune in genere finisce laddove inizia l’esempio concreto. Abbiamo sentito dire mille volte che per i più giovani, bambini o adolescenti, è sempre stato “tutto un altro sport” e stavolta abbiamo un momento, una gara, cristallizzata nel calendario 2019, che certifica che è davvero così.

Accade tutto in territorio Casalasco, a Torricella del Pizzo, l’ultima domenica dello scorso settembre in una gara di livello interprovinciale di ciclismo. In queste categorie giovanili (la G4 maschile) non c’è il fotofinish ma l’arrivo in volata è all’ordine del giorno, anche perché il percorso non è lunghissimo e così è difficile che qualcuno riesca a staccare il gruppo. Roba da velocisti puri, insomma, su percorso pianeggiante e senza “strappi”.

Capita così, quel giorno, che al traguardo di Torricella del Pizzo Alexander Cortez Zambrano della Gioca in Bici Oglio Po, che dunque quasi corre in casa, e il lodigiano Simone Buroni della Franco Zeppi Piacenza finiscano molto vicini. Mezza ruota, forse meno: il giudice di gara non fa in tempo a capire chi sia effettivamente davanti. Si parla di secondo o terzo posto, il primato va infatti ad un altro atleta e su quel piazzamento non ci sono discussioni. Bravo lui!

Già, ma chi arriva secondo? Su una domanda del genere qualcuno potrebbe anche costruirci un romanzo. Per il resto potremmo discutere del concetto di rispetto dell’autorità, di fair play, di accettazione della sconfitta e del proprio ruolo di atleta, perfettibile ma altresì fallibile. Potremmo fare filosofia spiccia su un momento che è molto più “ingenuamente immediato”: i ragazzini non stanno a fare troppi calcoli. Agiscono d’istinto, con naturalezza. E a quell’età spesso l’istinto guida nella giusta direzione.

La realtà, insomma, è molto più semplice. Non è nemmeno importante dire chi tra Zambrano e Buroni fosse in effetti davanti (solo per amore di cronaca ve lo diciamo: Buroni è stato chiamato terzo ma era giunto una posizione più su). Non è questo il “sugo della storia”, per dirla col Manzoni. Il punto è immediato: il giudice vede male, assegna il secondo posto a chi in realtà è giunto terzo (e ovviamente viceversa). L’atleta che si vede usurpato della propria piazza d’onore potrebbe fare i capricci, ne avrebbe tutto il diritto, potrebbe alzare la voce, recarsi dal giudice o dal proprio direttore sportivo e fare valere le sue ragioni, evidenti.

Invece no: anche sul podio delle premiazioni l’ordine di arrivo è quello stilato dal giudice di gara, dall’occhio umano, che vede molto ma non può capire tutto. E’ umano, appunto, e come tale difettoso. Si sbaglia tutti. A non sbagliare sono però Zambrano e Buroni. La classifica ufficiale di quella gara, infatti, è errata. E passerà alla storia del settore giovanile del ciclismo in Italia con quell’errore. Nessuno si premura di correggerlo. E così la falla rimarrà per sempre. Ma…

“Tu dovresti essere qua, io dovrei essere lì” dice Zambrano, quando ancora i due stanno partecipando alla premiazione. “Eh sì” fa spallucce, con innocenza, Buroni. Così, appena scesi dal podio, ossia dopo avere rispettato all’interno della cerimonia ufficiale quanto deciso dal giudice, Zambrano e Buroni si scambiano le coppe: sanno – da avversari che mai prima di quel momento si sono visti e conosciuti, dunque non hanno la “scusante” dell’amicizia a guidarli – chi di loro è giunto davanti. E sanno che la classifica è sbagliata. Così, fanno tutto da soli, in autonomia: senza reclami formali, senza bisogno di vedere il proprio nome corretto in graduatoria, senza arrabbiature. Senza farsi notare! E’ tutto naturale, come più spesso dovrebbe essere, lontano dallo sport del risultato a tutti i costi. Qui un risultato era in ballo, ma evidentemente non era importante farlo sapere al mondo: bastava che Zambrano e Buroni, che il destino ha fatto incontrare per la prima volta quel giorno su quel rettilineo finale, su quel fotofinish mancato, lo sapessero per conto loro come era davvero andata.

La giustizia ha però strade contorte: non sempre arriva, ma qualche volta vede il traguardo e lo taglia. Stavolta lo ha fatto, a quasi tre mesi di distanza da quella domenica settembrina, nella premiazione provinciale tenutasi a Casalmaggiore legata ai premi 2019 del ciclismo cremonese. Zambrano e Buroni, che in cuor loro già avevano vinto, hanno ottenuto un premio in più, oltre alle due coppe di secondo (o terzo) e terzo (o secondo) posto: il premio fair play 2019 è stato giustamente assegnato a loro. L’insegnamento non passa da targhe o riconoscimenti: Zambrano e Buroni lo hanno dimostrato quel giorno a Torricella del Pizzo. Ma un applauso – quello di tutto l’Auditorium Santa Croce in piedi – era comunque dovuto. Per una lezione grande arrivata dai più piccoli

Giovanni Gardani

Se ti è piaciuto, condividi!